mercoledì 27 gennaio 2010

sul treno (Il dottor Živago)

Allora, come un telegramma spedito in viaggio o come un saluto arrivato da Meljuzeev, entrava dal finestrino un profumo ben noto, che sembrava diretto proprio a Jurij Andrèevič, rivelandosi a lui, nel suo angolo, con silenziosa intensità. Quel profumo si manifestava con calma superiorità da chissà quale angolo appartato, ed emanava da altezze inusitate per i fiori dei campi e delle aiuole. Per la ressa, il dottore non poteva avvicinarsi al finestrino. Ma, anche senza guardare, li vedeva quegli alberi. Crescevano certo li vicino e protendevano tranquilli verso i tetti dei vagoni i loro rami fronzuti col fogliame polveroso per il passaggio dei treni e denso come la notte, fittamente ricoperto dalle piccolo ceree stelle delle infiorescenze. Per tutto il tragitto fu sempre la stessa cosa. Dappertutto folla che rumoreggiava, dappertutto tigli che fiorivano. L'incessante alitare di quel profumo sembrava precedere il treno in corsa verso il nord, come una voce di popolo che volava sui caselli, sulle stazioni sperdute, e che i viaggiatori ritrovavano sempre diffusa ovunque e confermata.

(B.Pasternak, Il dottor Živago, L'addio al passato, cap. 13 )
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lunedì 25 gennaio 2010
PIERRE: O image de la Beauté éternelle, tu n'es pas à moi!
VIOLAINE: Je ne suis pas une image! Ce n'est pas une manière de dire les choses!
PIERRE: Un autre prend en vous ce qui était à moi
VIOLAINE: Il reste l'image
PIERRE: Un autre me prend Violaine et me laisse cette chair atteinte et cet esprit dévoré!
VIOLAINE: Soyez un homme, Pierre! Soyez digne de la flamme qui vous consume! Et s'il faut être dévoré que ce soit sur un candélabre d'or comme la Cierge Pascal en plein choeur pour la gloire de tout l'Église!

(tiré de L'Annonce fait à Marie)
Pubblicato da Giulia alle 13:47 | 0 commenti  
martedì 22 dicembre 2009

Bruce Springsteen, Stolen Car (track version)




Mi sono trovato una ragazza e mi sono sistemato
In una casetta carina in una bella cittadina
Ci siamo sposati e abbiamo giurato che mai ci saremmo lasciati
Poi a poco a poco i nostri cuori si sono allontanati
Ora sto guidando un auto rubata in una notte nera come la pece

E sto facendo del mio meglio per superarla

Sono qui seduto al semaforo della Stanton
Voglio essere preso ma non succede mai
All'inizio pensavo fosse solo inquietudine
Che si sarebbe dissolta col tempo e con il crescere del nostro amore
Ma alla fine c'era qualcosa in più, credo
Che ci ha divisi e fatto soffrire
E io sto guidando un auto rubata aspettando quella piccola luce rossa
Continuo a dirmi che ogni cosa andrà bene
Ma corro nella notte e viaggio nella paura
Che in questa notte io potrei scomparire

Lei mi ha chiesto se ricordavo le lettere che le ho scritto
Quando il nostro amore era giovane e noi eravamo forti
Mi ha detto che ha letto quelle lettere la scorsa notte
E che l'hanno fatta sentire vecchia di cent'anni

C'è un fiume che corre vicino a quella piccola città
Fino al mare
E' stato lì nell'ombra che mi sono disteso
non appena lei si abbandonò così facilmente
C'è una festa questa notte al County Line
Si ballerà giù al Seven Trees
Da queste sponde posso vedere le luci di quei party brillare
Forse lei è là, forse mi stà aspettando

L'altra notte ho sognato di chiamarla
Le ho giurato di tornare per rimanere per sempre
Ancora una volta ripercorrevamo i passi del matrimonio al Victory Hall
E camminavamo mano nella mano attraverso la porta della cappella
Mi ricordo quanto bene mi sono sentito dentro
Quando il prete ha detto "Figliolo, puoi baciare la sposa"
Ma appena mi sono chinato per toccare le sue dolci labbra
Le ho sentite scivolare via attraverso la punta delle dita
E sto guidando un auto rubata in una notte nera come la pece
Continuo a dirmi che ogni cosa andrà bene
Ma corro nella notte e viaggio nella paura
Non importa cosa faccio, o dove guido
Nessuno mi vede quando corro via


La traduzione non è il massimo, ho corretto qui e li, ma certe sfumature non mi convincono.

Pubblicato da Giulia alle 07:43 | 0 commenti  
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domenica 14 giugno 2009

14 giugno 09

Il contenuto dell’esperienza è la realtà. Un uomo è innamorato della tal ragazza: questo è un fatto, è un fenomeno. Il poeta va in giro con le mani in tasca e giunge a questo fatto. Questo fatto entra sotto il giro d’orizzonte dei suoi occhi, cioè entra dentro l’ambito del suo conoscere. Siccome è un fenomeno reale, diventa oggetto di conoscenza. Questo è l’inizio del fenomeno, ma non è tutto. Di fronte a questo oggetto di conoscenza, gli occhi del poeta si incendiano di curiosità, di simpatia, di approvazione, perché nel fenomeno vede qualcosa che garberebbe avere anche a lui, mentre essendo piccolo poeta quindicenne non l’ha ancora così. Prova una nostalgia: prova, cioè reagisce con un senso di invidia e con un desiderio di avere anche lui quel fenomeno». Qui dovrei fermarmi e domandarvi: questo è esperienza? È questa la corrispondenza? Scommetto che la stragrande maggioranza risponderebbe di sì: provo una nostalgia, provo questa curiosità, provo questa simpatia, dunque mi corri€sponde. E questa è la giustificazione; uno può andare dietro a qualsiasi cosa, e poi giustificare qualsiasi tipo di naturalismo (andare fino in fondo alle proprie nostalgie sentimentali) in nome della corrispondenza, e giustificare anche tra noi qualsiasi stupidaggine in nome della corrispondenza. Spesso per noi corrispondenza è sinonimo di desiderio di avere. Ma attenzione a come prosegue don Giussani: «Fin qui non è esperienza, ma qualcosa che si prova. [...] "È soddisfazione reale? È risposta vera al mio bisogno? È felicità? È verità e felicità?". Queste sono le esigenze che non nascono in ciò che prova, ma nascono in lui davanti a ciò che prova, in lui impegnato in ciò che prova. Queste domande giudicano quello che prova». Questa, sì, è la corrispondenza! «Qui diventa esperienza il puro e il mero provare. [...] Diventa esperienza quando il provare è nel contempo giudicato dai criteri del cuore: se è veramente vero, se è veramente bello, se è veramente buono, se è veramente felice. In base a queste domande ultime del cuore, a questi criteri ultimi del cuore, l’uomo governa la sua vita». Altrimenti è un moccioso che segue quello che prova senza giudicarlo! Per questo la confusione del provare con la corrispondenza è quello che ci impedisce, alla fine, di riconoscere qual è la corrispondenza di Cristo. Non è soltanto che sbaglio in continuazione – che già sarebbe abbastanza –, ma che non capisco qual è la novità che Cristo introduce. Per questo pensiamo di non vedere la risposta, ma in realtà non vediamo l’enigma. Infatti «una risposta è capita solo nella misura in cui uno sente la domanda addosso a sé».
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mercoledì 27 maggio 2009

Paradiso, XV, vv. 32-36

poscia rivolsi a la mia donna il viso,
e quinci e quindi stupefatto fui;
ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso
tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
de la mia gloria e del mio paradiso.
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domenica 24 maggio 2009

Sottrazione di vita

Come chiamare questo fenomeno che sta toccando l'Italia da nord a sud, di ragazzini che decidono di uscire di scena, di togliersi la vita, in modi spesso atroci, per motivi che sembrano banali come il cattivo esito a scuola, o di una cotta?Non è una novità, ma l'aumento c'è, e ci toglie anche quel banale, nefasto riparo e luogo comune che ci faceva dire: qui è dura ma lassù nei paesi nordici i giovani si fanno più fuori... No, succede anche qui, nella solare Italia, dove nessuna notte dura molti mesi e forse una notte è penetrata nelle vite di tanti più giovani. Che poi si dice: ma che strano, non sembrava...Nessuna parola potrà mai spiegare definitivamente nessuno di questi fragili, tremendissimi gesti. Ma questi buchi che si aprono, questi fiori che scompaiono, insomma questo mutare di panorama da vita in morte e proprio dove la vita pareva più forte, iniziale, prorompente non può lasciare tranquilli.E' una emergenza sociale. Politica. A meno che non si consideri politica questa continua estenuante baruffa che molti dei nostri politici inscenano mentre là, ai lati della scena, questi ragazzi che rientrano nelle quinte sembrano non interessare nessuno. Come chiamarlo questo fenomeno se non grido, o supplica. O ferita ai polsi di tutti. E richiamo, muto, attonito, a vedere che cosa di vitale stiamo proponendo ai nostri figli, e ai figli di tutti che sono i ragazzi che incontriamo...

DR

[da "clanDestino ZOOM - ogni settimana uno sguardo realistico (e perciò poetico) al mondo"]
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domenica 17 maggio 2009

LECTURA DANTIS/ Se una poetessa russa impara l’italiano per leggere la Commedia

sabato 16 maggio 2009

Mercoledì scorso nelle aule dell’Università degli Studi di Milano uno tra i maggiori poeti russi contemporanei, Ol’ga Sedakova, ha commentato i canti XXVII-XXVIII-XXIX del Purgatorio di Dante all’interno del ciclo di incontri di Esperimenti Danteschi.
L’iniziativa, sostenuta dall’Università e patrocinata dal Comune di Milano, è sorta cinque anni fa dall’idea di un gruppo di studenti appassionati al poema dantesco, che desideravano approfondirne lo studio e – come recita la prefazione al volume degli atti delle conferenze dell’edizione del 2008 – «coinvolgere alcuni professori in un ciclo di incontri che consentisse, nell’arco di tre anni di completare la lettura integrale della Commedia, sacrificata dai programmi ministeriali dell’università riformata. Da una amicizia giocata nella comune passione per la letteratura e per Dante, divenuta presto contagiosa, dall’incontro libero e appassionato, a tratti perfino acceso, tra docenti e studenti è nata un’iniziativa che a ben vedere non fa altro che riproporre lo spirito che ha dato origine all’universitas del XII secolo». La prima edizione, svoltasi nel 2005, è stata dedicata all’Inferno: sono stati invitati i più importanti dantisti del mondo, impegnati nella lettura di due o tre canti assegnati dagli studenti. Ad essa sono seguite le letture integrali di Purgatorio e Paradiso, fino al 2007. Il grande successo e l’interesse dimostrato dai numerosi partecipanti, studenti e semplici appassionati, ha spinto a organizzare un nuovo ciclo, iniziato lo scorso anno e coronato, per la prima volta, dalla pubblicazione di un volume.
Ma torniamo a Ol’ga Sedakova. Da dove è potuto sorgere l’incontro così peculiare tra una poetessa russa e Dante? La risposta è contenuta in un’osservazione che la Sedakova ha proposto alla conferenza tenuta lo scorso anno sempre nell’ambito di Esperimenti danteschi: «Dante non è solo arte che genera arte. Egli è anche pensiero che genera pensiero. E di più: esperienza che genera esperienza. L’ultima cosa, forse, per me è la più importante».
Olga Sedakova, erede di Anna Achmatova, Osip Mandel’štam, e della grande tradizione poetica russa, è stata poeta del samizdat – la cultura “sommersa” negli anni del regime sovietico – e ha cominciato ad essere pubblicata liberamente in Russia soltanto a partire dal ‘90. Non pubblicata non significa non letta: innumerevoli copie clandestine dei suoi versi venivano passate di mano in mano, a rischio e pericolo di chiunque ne fosse in possesso. Anche ritrovarsi insieme ai propri amici per leggere gli autori proibiti dalla censura era considerata un’attività sovversiva. Che cosa spingeva uomini già privati dello stretto necessario a rischiare tanto per poter leggere insieme dei versi? «Non c’era nessuna organizzazione predefinita, ma solo un gran bisogno di poesia, di una poesia che raccontasse delle questioni “radicali” dell’esistenza», risponde Olga Sedakova. «La felicità autentica ci si rivelava innanzitutto nell’arte, nell’arte che era stata cacciata dal paradiso sovietico: un’arte strana, inquietante, complessa, assolutamente diversa da tutto quello che avevamo intorno. La voce di quest’arte ci parlava della grandezza e della libertà dell’anima. Ci infondeva l’amore a ciò che Mandel’štam chiamava “boccata d’aria rubata” e ad ogni espressione dell’uomo che si raddrizzava in tutta la sua statura: la statura del pensiero, del cuore, dell’anima».
Il bisogno dell’arte coincideva dunque con l’esigenza più profonda della persona, un’esigenza vitale quanto il respiro. Questo bisogno era vivissimo anche nella Sedakova, al punto che decise di imparare l’italiano per poter leggere Dante in lingua originale. Alla fine degli anni ‘70 Ol’ga Sedakova e alcuni amici cominciarono così ad incontrarsi per leggere insieme i versi della Commedia, dando vita ad una sorta di clandestina lectura Dantis: una situazione del tutto sui generis per un’epoca in cui il regime tentava di impedire qualsiasi forma di incontro spontaneo e di reale condivisione.
Sono stati proprio questi stessi caratteri “sovversivi” che hanno spinto la Sedakova a partecipare ad Esperimenti Danteschi, quest’anno per la seconda volta. Nei canti XXVII-XXVIII-XXIX del Purgatorio la Sedakova si concentrata in particolare sul tema del Paradiso Terrestre, in cui viene messa a fuoco la natura dell’esperienza profondamente umana della poesia: «Questo istante di verità, questo mirabile oblio di ogni possibilità di errore e fallimento, della propria dolorosa imperfezione, è ciò che l’uomo chiama felicità pura. Il dono della poesia come tale, indipendentemente dai suoi contenuti concreti è il dono di questa felicità, il dono della memoria dell’Eden».
«In questo gruppo di canti, e solo qui, noi vediamo Dante-poeta nello stretto senso della sua professionalità: vediamo che cosa sia la passione letteraria, la gratitudine al modello, la riconoscenza dell’autore al lettore, che non vien meno neppure dopo la tomba; che cosa sia la fede dei poeti nell’immortalità delle proprie dette e inchiostri (entrambi i termini stanno ad indicare i versi): Che Lete non può torre ne far bigio. L’influsso del modello virgiliano viene assimilato all’azione del fuoco, che accende il fuoco del successore, e l’“autore” venerato diviene più caro del padre e della madre. Il rapporto di Stazio nei confronti di Virgilio e di Dante verso Guido Guinizelli (padre del «dolce stil novo») è più caloroso dei legami di sangue. Virgilio è, infatti, lo piu’ che padre».

(Vera Pozzi)
Pubblicato da Giulia alle 03:32 | 0 commenti  
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